A fare orienteering siete tu il bosco la mappa e la bussola. Una torcia se è notte, come quando alla tua prima volta ti liberano nella foresta svedese. E rumori. C'è il rumore del respiro che si ingrossa e diventa fiatone e ansimi e ci sono il respiro e le gambe di altri, ombre che incroci nella foresta, ombre colorate come altre orienteerers o piccole e pelose come lepri e scoiattoli. Grandi e pelose e chissà se artigliate non mi sono capitate ancora, per fortuna, come neanche i fischi perchè sei persa e infortunata, magari senza pila ed è notte.
Poi altri rumori, crack perchè calpesti rami spezzati e radici, tagli in mezzo alla foresta perchè tenere la direzione fa più sfida che controllare le intersezioni sul sentiero, e poi è molto più divertente, sopratutto se piove e tutto è scivoloso e la tua faccia è striata da pioggia e sudore e fango. Poi c'è swash-ciack-chac delle paludi e i gemiti per i rovi che si conficcano nelle gambe, che magari tiri via solo molto dopo, magari ore dopo, in treno per Brussel, quando ti guardi le gambe e sembra che ti abbiano torturato e sorridi.
E poi c'è il suono della risata della ragazza rossa e italiana, quando trova il primo control, su sulla collinetta, e mi diverto così tanto.