Padova è camminare in un tunnel di cuscini.
Tutto morbido
tutto bianco,
anche le pieghe nere della stoffa sono pieghe nel bianco alla fine, è la solita storia del bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno.
Ci sono tutti i cuscini ed è tutto morbido e tutto bianco e anche c'è chi ogni giorno torno a casa e mi compra il detersivo sbiancante.
Il dentifricio sbiancante, la spugnetta antipolvere, il filo interdentale, l'ammoniaca nella scatola bianca che macchia la manica.
La lavatrice no, quella no che poi le mutande finiscono nel *tunnel dei vestiti dimenticati* e non abbiamo ancora scoperto da dove si esce da quello, ma il ferro si, anche l'asse, se chiedo stira i vestiti senza una piega e compra l'ammorbidente e i sacchetti dell'aspirapolvere che mancano sempre in una casa dove il salotto è un tavolo da ping pong, e l'aspirapolvere è tutta la pulizia.
Insomma, non è un cattivo tunnel.
Poi è un tunnel fatto bene, di quelli tutti chiusi ma che c'è una direzione di uscita.
Dritta davanti, fra tre anni prego di qui ora l'ingresso del tunnel senza uscita, biglietto-solo-andata.
Fra tre anni. Prima c'è ora, *l'intanto*.
L'intanto e l'incanto a Padova non fanno poi tanto rima però.
Forse perchè se la facessero non la sentirei.
A Padova mi sento un po' sorda.
Cammino tra i cuscini del tunnel e penso che si, come è morbido qui, ma non sento niente, c'è il mondo fuori? Uuuhh uhuuuhuuhu?
Ogni tanto ci faccio a cuscinate, con il tunnel.
Non è una vera lotta.
Rido magari, mentre i cuscini esplodono ricoprendomi di piume, ricoprendo tutto di piume.
Ed è tutto morbido.
Tutto bianco.
Dormo sulle piume senza sentire un rumore del mondo vero.
E pensare che vorrei dormire sul cemento, nel grigio, e dovermi tappare le orecchie per non sentire tutta quella vita che urla.